domenica 2 novembre 2008

...ALMENO PROVIAMOCI..... di Francesco Petrocchi

... ALMENO PROVIAMOCI...
Documento di base per il nuovo pdl
a cura di Francesco Petrocchi
..... quando l'ombra dei pigmei si allunga all'orizzonte vuol dire che il tramonto è vicino (proverbio africano)
Obiettivo Italia
.... almeno proviamoci...
Terminate le faticose campagne elettorali abbiamo voluto ritagliare un momento di riflessione per fare in primo luogo chiarezza in noi stessi e per offrire ai nostri militanti e futuri simpatizzanti le risposte politiche, comunitarie, culturali di cui è onerato un movimento. Un movimento che, come abbiamo più volte affermato, non vuol essere un comitato elettorale ma ha la pretesa di perseguire un progetto politico più ampio: affermare una visione del mondo ed uno stile politico.
Tenteremo di dare un piccolo contributo con spunti che non hanno ovviamente né la pretesa della esaustività né tantomeno quella della esattezza. Ma abbiamo comunque ritenuto opportuno farlo. In una stagione di grandi cambiamenti, una stagione politica “costituente”, in cui inevitabilmente la confusione rischierà di recitare un ruolo preminente. In tale contesto non è male ritrovarsi su alcuni punti fermi; che andranno sviluppati, approfonditi, criticati ... ma importante è che ci siano.
Potremmo iniziare con una bella domanda.
Qual è l'obiettivo, il fine, il percorso, quale il comune denominatore che, al di là ed a prescindere dalle sigle e simboli, ci accomuna e continuerà ad essere riferimento ?
Msi, FdG, An, Ag, FI ed ora Pdl. Negli ultimi 14 anni si sono susseguiti una serie di trasformazioni, innovazioni, processi che ci hanno visti partecipi ed impegnati. Ma al contempo coscienti di voler essere sempre coerenti con noi stessi, senza smarrimenti e senza esaltazioni. SEMPLICEMENTE realisti.
Proprio da una piccola riflessione sulla creazione del PdL occorre in primo luogo partire.
Quando si iniziò a parlare di Pdl avviammo una riflessione che sintetizzammo in un documento su cui provocammo un dibattito. A seguito del successo elettorale e soprattutto della pessima figura e del fallimento di Storace (chiederanno di rientrare nel pdl...) possiamo affermare che avevamo colto nel segno: non basta una etichetta a fare un movimento, nè tantomenno a decretarne la coerenza politica e valoriale.
IL NOSTRO RUOLO: identità, comunità, meritocrazia
All'interno del mare magnum del pdl dovremo essere in grado di mantenere la nostra identità.
La identità
Ma che cos'è una identità ? Una identità proviene da una memoria e soprattutto da concetti di "bene" condivisi; e con condivisi non si fa riferimento al termine convergenti (e quindi in origine separati) ma, come afferma De Benoist, "ad un bene immediatamente condiviso o, se si preferisce, un bene la cui stessa condivisione costituisce in sè un bene". Così i valori non sono convergenti ma comuni e condivisi.
La nostra identità è quindi frutto di una condivisione di valori. E la forza di una comunità risiede in questo. "Le comunità fondate su valori - sostiene ancora De Benoist - sono più solide di quelle fondate su interessi, perchè i valori uniscono e si condividono senza difficoltà, mentre gli interessi dividono e nn si condividono facilmente".
I gruppi identitari quale aspira ad essere il nostro, non vanno quindi confusi con i gruppi di interesse. La differenza che li separa è che quest'ultimo può costituirsi senza che vi sia una identificazione reciproca tra i suoi membri, è sufficiente che si condivida lo stesso interesse strumentale. I gruppi identitari difendono gli interessi dei loro membri ma questa attività è la conseguenza della esistenza del gruppo e nn il suo motivo d'essere.
Ma la identità non è statica, non vive solo di ricordi e di difesa del passato... anzi.
La identità è una realtà dinamica, che si pone in termini dialoganti e di confronto con il cambiamento. La memoria può essere il punto di partenza della identità ma non ne esaurisce l'essenza. E la memoria non va confusa con la nostalgia - come sottolinea Cristopher Lasch - che evoca epoche trascorse ed idealizzate mentre la memoria considera “il presente, il passato ed il futuro come continui".
La memoria forma i nostri modi di parlare, le nostre idee ma non ancora la identità al passato. La identità quindi dialoga e si confronta con le altre identità, cambia forma, è duttile rispetto alle problematiche concrete che si pongono ma non cambia sostanza perchè i valori, al contrario degli interessi, non sono negoziabili.
I valori non hanno valore commerciale per questo una identità fatta di valori è vista con sospetto nella massificazione generale.
La Comunità
Una comunità è diversa da una associazione da una somma di individui. I suoi membri hanno in quanto tali dei fini comuni, legati a valori ed esperienze condivisi e non soltanto degli interessi privati più o meno congruenti. Questi fini sono i fini propri della comunità stessa e non degli obiettivi particolari che si troverebbero essere gli stessi in tutti o nella maggior parte dei suoi membri. La comunità non è una associazione provvisoria. E' organismo che crea una identità, che salva dallo smarrimento, che ferma l'uomo dalla continua ricerca di se stesso come fa l'uomo moderno.
Occorre rappresentare una identità dialogante, diffondere la comunità come concetto, relazionare il consenso in base a momenti ed interessi condivisi, diffondere il concetto di bene comune .
E' comprensibile che ciascuno abbia ambizioni, obiettivi personali ma non possono essere l'unica molla aggregativa. Vi deve essere un raccordo che preveda una finalizzazione comune per un obiettivo superiore ed ulteriore. Le posizioni personali assumono legittimità in quanto consonanti con il bene della comunità. All'esterno di tale ambito rappresentano esclusivamente un istinto individualista.
La comunità interna deve essere informata ad una spiritualità laica: valori, idee, concetti di appartenenza comuni. Tale impostazione deve acquisire centralità e nei cerchi più esterni occorre riuscire a relazionarsi ed a governare i gruppi di interesse contagiandoli. In sintesi anche chi non appartiene alla comunità ma vi collabora deve essere “contagiato” dallo spirito giusto, nel tentativo di governare gli interessi che nella realtà esistono con un parametro imprescindibile: l'utilità pubblica.
La organizzazione interna deve essere informata alla partecipazione ed alla meritocrazia; le simpatie e le parentele, ineliminabili in natura, non possono rappresentare criterio di accesso a ruoli e responsabilità.
LA CONCEZIONE DELLO STATO
La democrazia è concetto assodato, ma in tale sistema di governo esistono diverse scuole di pensiero ed anche sistemi di attuazione differenti (si pensi al parlamentarismo o al presidenzialismo).
Con riguardo alla concezione politica dello Stato e dei Governi, sarebbe utile ed interessante recuperare un pensatore e filosofo della politica come Altusius, vissuto tra 1500 e 1600.
E' forse il primo teorico e codificatore della democrazia attiva, in cui le comunità svolgono un ruolo determinante; della sovranità popolare, una sovranità che rimane nel popolo il quale semplicemente stringe un patto con il governante senza rinunciare alla sovranità stessa, connaturata al suo ruolo (in coerenza anche con la tradizione della Repubblica romana: senatus populusque romanorum).
E' il pensatore che ritiene fondamentale il principio di sussidiarietà: lo Stato a tutti i livelli della vita politica deve assolvere soltanto ai compiti che le collettività di livello inferiore non sono in grado di assolvere: è dunque un principio di equilibrio e di regolazione che mira a conservare vive le iniziative della base e ad impedire che queste vengano soffocate dal vertice.
Da tali concezioni discendono alcune impostazioni concrete sulla politica su cui riteniamo di concordare nei suoi aspetti fondamentali.
- La sussidiarietà: da cui discende l'istanza federalista, concepita non come primo stadio di un insensato e grottesco separatismo, ma come governo del territorio maggiormente rispondente alle esigenze, caratteristiche e potenzialità che esprime.
- La democrazia diretta: espressione non mediata di indicazione dei propri governanti ad ogni livello, da cui discende la istanza presidenzialista ed anche, per entrare nella stringente attualità, la contrarietà alle liste bloccate, con le quali si impedisce al popolo di eleggere i propri rappresentanti. Ciò comporta inevitabilmente un distacco dei politici dal territorio ed un inevitabile rischio di selezione della classe politica fondata su amicizie e clientelismo piuttosto che sul radicamento territoriale e sul giudizio del popolo.
- La promozione dei corpi intermedi: è necessaria per sollecitare la partecipazione dei cittadini, per instillare impegno civico ed interesse pubblico. Il livello associazionistico ed i livelli di governo amministrativi producono la partecipazione nella democrazia diretta ed a far rimaner viva la sovranità popolare.
GLI OBIETTIVI POLITICI
Al fianco di una impostazione occorre ovviamente dare priorità ad alcuni obiettivi.
- La lotta alle caste ed alle rendite di posizione: la politica in origine è il luogo del precariato in assoluto; il confronto con il popolo determina chi ha ben agito e può continuare a svolgere il ruolo istituzionale a cui è stato demandato; la professionalizzazione della politica ne ha determinato la degenerazione, ciascuno può subire la pressione degli eventi ed essere disposto a pesanti compromessi per mantenere la posizione. La casta è un luogo sociale, dal quale, a prescindere da meriti e demeriti si rimane vita natural durante e si trasferisce “iure ereditatis”. La politica se concepita nella maniera giusta ossia di “riprodursi” come conservazione di una specie con una visione del mondo non può assolutamente essere associata al concetto di casta. Ma se degenera in una conservazione e riproduzione di privilegi anche come lascito agli eredi, è fuor di dubbio che sia diventata tale. Ma non sono tali le caste del pubblico dipendente che acquisisce lo stipendio a prescindere dal fatto addirittura che si rechi o meno sul posto di lavoro ? Del sindacato, della magistratura e così via ?
- Il controllo del fenomeno della immigrazione
Il ragionamento ispiratore deve fondarsi sulla affermazione di una identità nel riconoscimento dell'altrui identità; affermarla in modo convinto ed a prescindere dall'altro e non contro l'altro. Altrimenti vi sarebbe una contrapposizione che produce razzismo, voglia di superiorità e di rivalsa. In sintesi il nostro tricolore deve sventolare a prescindere dalla presenza di stranieri più o meno onesti nei nostri territori. La identità del nostro popolo deve essere consapevolmente presente in noi e non solo utilizzata come strumento di distinzione rispetto al diverso. Altrimenti sarebbe, come in effetti è, una identità debole degradata da valore a strumento. Il governo sta attuando una ottima politica su tale tema, coniugando sicurezza, ordine ma anche un realismo che impone una presa d'atto sulla esistenza del fenomeno. Il quale può essere arrestato o disincentivato in origine, come in parte si sta facendo con gli accordi libici, p iuttosto che contrastato una volta verificatosi.
- La lotta ai privilegi ed agli sperperi come prioritaria senza qualunquismo
Abolire gli enti, gli organismi rappresentativi, come è oggi di moda, non serve o comunque si rischia di concentrarsi sul dito che indica la luna. Sono baluardi dialoganti della democrazia, se si volesse risparmiare e volessimo portare alle estreme conseguenze tale istinto potremmo abolire il parlamento e confidare nell'optimus princeps si risparmierebbe... ma realmente avremmo un risparmio ? il problema sono gli stipendi ? Non bisogna confondere “i costi della politica” con “i costi della democrazia”. La questione reale consiste nell' abolire i privilegi, cambiare le modalità di gestione, eliminare il cattivo funzionamento e la duplicazione delle funzioni. Altrimenti la deriva qualunquista porta a risultati inconsapevoli ed assurdi come è stato nel passato per la abolizione del ministero della agricoltura (tutti d'accordo se poi avessimo votato anche per abolire l'agricoltura stessa...) o del finanziamento pubblico ai partiti (tutti d'accordo se avessimo poi votato per il partito unico...senza più necessità di informare, dibattere, votare...)
Il problema reale è quello di una politica senza legittimazione, in crisi di rappresentanza, con un parlamento commissariato; invece fondamentale è il recupero della legittimazione dal basso, attraverso provvedimenti seri e coerenti che colmi il deficit di immedesimazione che il popolo ha avvertito rispetto alle istituzioni che ha espresso e che spesso hanno dato pessimi esempi sia nei provvedimenti che nei comportamenti. Al di fuori di demagogia, conosciamo gli oneri della politica e del ruolo istituzionale se si è presenti sui territori, si organizzano eventi, si informa, partecipa, si creano strutture. E riteniamo che gli stipendi degli amministratori non siano come invece demagocicamente si afferma, esagerati... anzi (un sindaco di un comune sopra i 15.000 abitanti prende meno di un dipendente regionale ed un consigliere della Provincia più grande d'Italia meno di un usciere... e consideriamo che il dipendente e l'usciere non sopportano i “costi della democrazia”). Le indennità dei deputati regionali e nazionali, sicuramente più imponenti, potrebbero invece essere non decurtate ma vincolate alla reale attività istituzionale che si svolge in rappresentanza dei cittadini. E' già in parte così, con una suddivisione della indennità in voci, ma occorrerebbe fissarne la erogazione con criteri più rigidi. Una parte rappresenterà la indennità di funzione ed un'altra sarà concessa solo ove si dimostri di aver organizzato eventi ed iniziative conformi al ruolo politico istituzionale che si ricopre. Ovviamente con documenti giustificativi sottoposti al controllo fiscale, contabile e penale. In tal modo sarà eliminato ogni presunto privilegio ma sarà mantenuta la possibilità di sostenere i costi dell'impegno istituzionale.
- Lotta alla cultura del privilegio come forma mentis
Ormai siamo la Nazione dei privilegiati; ciascuno ha un tesserino da mostrare. Non dobbiamo rassegnarci , come l'ha definita un corsivista di un noto settimanale, a vivere in “un'Italia cialtrona".
l'Italia dei furbetti, di chi se la prende con i politici e poi cerca di ottenere un tesserino che gli consenta di godere di qualche piccolo privilegio, di chi se la prende con i fannulloni e poi timbra il cartellino all'amico. Di chi pensa che la ingiustizia non derivi dal fatto che qualcuno abusi del proprio ruolo, ma dal rancoroso fatto che lui, a differenza di quel qualcuno, non possa farlo.
Non possiamo rassegnarci a chi si fa la legge da solo (pittoresco un albergatore che ha scritto "ai sensi di legge è vietato portare vivande in camera" ma quale legge ???) o di chi vuole commercializzare anche letteralmente l'aria che respira o meglio, in questo caso espira: un venditore di ciambelle al mare: "il gonfiaggio è a pagamento" !!!. Un'Italia in cui il turista non è più visto come un ospite da cui giustamente trarre profitto, ma come pollo da spennare in ogni modo con balzelli, extra, ombrelloni a pagamento in spiagge pubbliche. Come si può pretendere che la politica cambi quando un amministratore di condominio per pavimentare un terrazzo chiede la stecca o meglio la mazzetta all'impresa ? e come se niente fosse ! come se fosse giusto così. In un'Italia cialtrona bisogna avere il coraggio di chiamare le cose con nome e cognome per tentare di cambiarle. Il problema è di rappresentanti politici ma anche di rappresentati. Di una società che necessariamente va rigenerata dal basso, in cui si recuperi l'etica dei comportamenti che non può essere soltanto un dovere dei politici.
Non nutriamo particolare simpatia per l'ossuto e arruffato ex pm di Mani Pulite Gherardo Colombo. Ma bisogna riconoscere che ha detto una grande verità quando ha affermato che la stagione di Mani Pulite si è arrestata e non ha avuto più l'appoggio della gente quando dai “grandi” si è iniziati a passare alle persone comuni, all' ispettore del lavoro che ometteva il controllo per percepire l' extra, al dipendente e così via. Tutti forse si sono sentiti chiamati in causa.
La casta ormai è diventato l'unico momento per sentirsi accomunati o appartenenti a qualcosa che vada oltre l'individuo: la casta dei baby pensionati, dei giornalisti, dei professionisti, dei farmacisti, dei dipendenti pubblici, dei tassisti: ci si mobilita e ci si relaziona solo quando gli interessi di casta vengono minacciati.... per il resto cascasse il mondo...
Al posto della comunità fondata sui Valori si è ormai affermata la casta fondata sul privilegio condiviso. E le voci di chi protesta spesso sono di coloro che non vi appartengono ma aspirano, senza risultato, ad entrarvi. Un noto settimanale italiano, come detto, nell' inchiesta dal titolo inequivocabile "Razza cialtrona", ha messo in rilievo come in Italia ormai i valori dominanti siano furbizia, arroganza ed impunità:"l'impunità come valore. La furbizia come stile di vita. L'illegalità come logica conseguenza .Benvenuti nell'Italia dei cialtroni 2008". Una modus vivendi che contagia tutte le categorie dai medici ai postini. dagli avvocati agli operai. Non è un caso che Stella e Rizzo aprano la loro nuova inchiesta sul naufragio italico con l'esempio della nuova categoria scolastica degli "scodellatori" che serve il pasto ai bambini, è un compito che, a forza di sindacalizzazioni, non rientra tra quello degli operatori scolastici.... "Ma ve lo immaginate qualcosa di simile in America, in Francia, in Gran Bretagna o in Germania ? Sono 50.000 più che i carabinieri, i 167.000 bidelli italiani. Il loro costo? Sfiora i 4 miliardi di euro l'anno. E il bello è che nonostante pesino mediamente per 367.000 euro ad istituto hanno costretto le scuole ad assumere part time non solo le scodellatrici ... ma anche qualche società esterna di pulizie".
E' vero bisogna recuperare un'etica ma non solo nella politica. Partendo proprio dai rapporti interpersonali in cui vanno recuperati come base il rispetto e l'educazione e poi l'etica del dipendente pubblico, del professionista, del commerciante e così via. E' la società che deve riuscire a sanzionare i comportamenti dei propri governanti ma a condizione che abbia un senso dell'etica, della doverosità dei comportamenti, del buon senso.
E' questa la sfida che deve vincere la politica, con l'esempio. Puntando dritto al cuore del problema. Uscendo dalla impotenza a cui l'ha ridotta il groviglio delle clientele e la prevaricazione degli interessi singoli sull'interesse nazionale. "Ci vuole un animo grande, un pensiero forte e una vista lunga per rigenerare una civiltà - afferma Veneziani in "Contro i barbari" - ed è ciò di cui ha bisogno l'Italia.
Occorre riiniziare a ragionare per condivisione di idee, cultura, programmi che possano con senso di responsabilità tutelare gli interessi generali e poi a ricaduta, inevitabilmente quelli di tutte le categorie. E non per divisione e contrapposizione in una logica ereditata da marxismo e inesorabilmente sconfitta dalla storia.
USCIRE DALLA CRISI
la riforma dello stato sociale
Anthony Giddens, pensatore autorevole ed equilibrato, nell'esordio con cui avvia la riflessione sulla situazione sociale in Italia afferma: "I problemi dei tedeschi e dei francesi, per quanto gravi siano, impallidiscono di fronte alle difficoltà in cui si dibatte l'Italia, la società bloccata per eccellenza nel vecchio continente" e continua:"l'Italia è stata paragonata ad una rana messa in una pentola d'acqua fredda:il fuoco è stato acceso e la rana finirà col morire, dolcemente, senza rendersene conto. Il senso della crisi, tanto visibile in Germania e in Francia, in Italia smbra non esistere. E' un paese forse troppo abituato alla crisi e all'avvicendarsi dei governi per prendere sul serio l'attuale impasse".
E' una analisi impietosa ma reale. Si continua a tirare a campare.... magari di espedienti. Ma il punto di non ritorno è raggiunto occorre porre in essere modifiche profonde e strutturali. In primo luogo rispetto allo stile di vita, come detto, con il recupero dell'etica nei rapporti. In secondo luogo fracassando la rigidità del mondo del lavoro e modificando in modo dirompente lo stato sociale, il welfare.
Il welfare fa rima ormai nell'immaginario collettivo con assistenzialismo, uno stato sociale passivo ma aveva ragione Bill Clinton quando diceva: "lo stato sociale deve aiutare una persona a rialzarsi, non farle l'elemosina".
Appunto occorre passare ad uno stato sociale attivo che offra servizi, formazione, rimodulazione delle conoscenze a favore di chi momentaneamente è fuori dal mercato del lavoro. Ma anche ad un welfare che inizi a distinguere, nel mondo del lavoro tra chi cerca lavoro ed è disponibile a mettersi in gioco e chi è disoccupato per scelta, facendo prevalere verso i primi le opzioni occupazionali.
Occorre promuovere il concetto di "formazione permanente" del lavoratore anche dipendente e non solo professionista, per essere pronti a competere con le sfide continue della modernità.
Il mondo del lavoro non può più essere monopolizzato dalle lobby dei già garantiti, ma aprirsi alla solidarietà ed al futuro. Il monopolio dei sindacati ha imposto la tutela del diritto alla "conservazione" del posto di lavoro o della pensione, e non del diritto al lavoro che andrebbe nei fatti esteso a tutti e soprattutto ai veri poveri ed ai giovani disoccupati o sfruttati.
Vi è stata una lotta in difesa dello status quo, delle lobbies e delle rendite di posizione a danno delle nuove generazioni, dei padri a danno dei figli.
"Ridurre i vincoli ai licenziamenti - sostengono Alesina e Giavazzi in "Il liberismo è di sinistra" - riduce la disoccupazione, non l'aumenta come molti vorrebbero far credere. Le imprese sono più disposte ad assumere se sanno di non entrare in una situazione contrattuale irreversibile."
Ci sentiamo di sottoscrivere questa affermazione e di sostenere con forza la liberalizzazione del mercato del lavoro: non impedire più alle imprese di licenziare chi non è più adatto alle necessità aziendali, proteggendo i disoccupati con sussidi ben congegnati, privilegerebbe i giovani magari più bravi e produttivi e sicuramente meno abbienti rispetto ai lavoratori anziani e non le rendite di posizione di chi un lavoro ce l'ha già. Occorre difendere il lavoro aumentando le possibilità occupazionali per tutti, soprattutto i più meritevoli e capaci e non fossilizzarsi in assurde difese di posti di lavoro di aziende allo sfascio ! Come sta succedendo per Alitalia al dissesto della quale hanno contribuito anche i lussuosi benefit e privilegi di cui hanno goduto gli stessi dipendenti su mandato della politica, sempre pronta allo serpero per qualche clientela in più. Che senso ha continuare a buttare soldi pubblici (e quindi i soldi delle pesanti tasse pagate dai cittadini !) in una azienda che ha dimostrato un bilancio fallimentare per difendere il posto di lavoro di piloti che andranno in pensione con un milione di euro di liquidazione ? E' prioritario che prima si faccia l'interesse della nazione, dei cittadini, dei consumatori e poi quello dei dipendenti Alitalia. Ferma rimanendo ovviamente la preoccupazione di cui deve comunque farsi carico uno Stato di proporre alternative occupazionali ed ammortizzatori sociali.
In Danimarca, dove vi è il tasso di disoccupazione più basso d'Europa si consente di licenziare senza alcun ostacolo con un preavviso minimo di quattro mesi in cui il lavoratore ha il tempo di cercare altra occupazione. Se non la trova riceve immediatamente il sussidio di disoccupazione che viene sospeso non appena trova un'altra occupazione o anche nel caso rifiuti un posto adeguato reperito dalla Agenzia del lavoro.
Non è pensabile che quando si discute di riforme delle pensioni al tavolo si invitino solo i sindacati i cui iscritti sono pensionati o lavoratori prossimi alla pensione. E' chiaro che il sindacato farà gli interessi dei suoi iscritti fregandosene dei giovani, di chi è appena entrato nel mondo del lavoro o di chi è ancora in cerca di occupazione che continuando così la pensione non l'avrà mai ! Le riforme che modificano lo status quo vanno concertate non solo con chi è già garantito.
Anche introdurre la possibilità di licenziare nella pubblica amministrazione, ovviamente con comprovate ed oggettive ragioni non può più essere un tabù. Prima che dipendenti, professionisti, lavoratori, tutti siamo cittadini ed utenti. Ed allora prima che la protezione del dipendente occorre ricercare l'efficienza del servizio e quindi la protezione dell'utente e del cittadino.
Ciò valga anche e soprattutto per i dipendenti pubblici privilegiati per eccellenza: i magistrati. Sono inamovibili, intoccabili, non rispondo degli errori compiuti, progrediscono per anzianità, non sono suscettibili di controllo perchè si autoassolvono attraverso il Csm composto da magistrati stessi.
Occorre recuperare il valore della meritocrazia nel mondo del lavoro. Basta con le progressioni basate esclusivamente sulla anzianità, con i livellamenti verso il basso. Questo è purtroppo un retaggio culturale del Sessantotto e della sua ideologia egualitaria che ha oscurato totalmente la meritocrazia e che occorre sradicare per ridare mordente, entusiasmo e crescita. Le disuguaglianze esistono in natura, ciò che va combattuta è la povertà da un lato ed il privilegio dall'altro; il disagio sociale e la rendita di posizione immeritata, e non la differenza frutto di spirito di iniziativa e capacità..
IL SENSO DELLA DESTRA
In sintesi in tale situazione occorre recuperare il senso vero della destra per rigenerare l'Italia.
Ma non è facile trovarlo. Perchè più che una declamazione la destra (al di là delle polemiche che vanno, quelle sì, storicizzate) è un comune sentire, una appartenenza innata o connaturata, è come diceva Spengler il linguaggio delle idee senza parole. Ma proviamoci... in dieci punti, non esaustivi ma ... con l'augurio che domani vi sia una identità tra destra e popolo della libertà.
1.Comunità e identità
2. Radicamento nel territorio e partecipazione
La destra è realista e in quanto tale non può non essere aderente alla realtà. Al territorio alle radici con l'innata propensione a difenderlo !
3. Meritocrazia ed efficienza
4. Senso dello Stato, non come degenerazione in statalismo ma come riconoscimento di una appartenenza che è al disopra e conta di più dei singoli destini.
5. Senso dell'onore, sembra roba da rigattieri ma è un valore imprescindibile
6. Senso del dovere
7. Senso della famiglia
8. Rispetto per la tradizione
9. Amore per la libera iniziativa
10. Amor di Patria
Partendo da questa schematica individuazione di un senso della destra occorre poi chiedersi come possono incidere la cultura e la politica della destra stessa nell'azione concreta di governo.
Un luogo prioritario in cui la destra/pdl può incidere è sicuramente quello della memoria storica, i beni culturali, le tracce e l'esperienza che ci ha tramandato la storia. Patrimonio che va coniugato con la creatività e l'ingegno (che spesso somiglia alla improvvisazione) del popolo italiano, dei suoi talenti ed artisti. In tale contesto è fondamentale riavviare un sviluppo di qualità, una "economia del bello" che legata da un sottile filo rosso parta dalla valorizzazione del Turismo (storia, natura, mare, sole, enogastronomia) giunga alla valorizzazione dell' ”export della creatività”.
Oggi, dopo l'umiliante sorpasso della Francia e della Spagna sarebbe oltremodo necessario creare un Ministero del Turismo con portafoglio, che investa e faccia la regia della accoglienza in Italia. Che crei un "marchio italia" evocativo e accattivante all'estero, che vigili sulla ospitalità dei turisti, sanzioni gli abusi, dia nuova linfa al settore e faccia da calmiere ai prezzi.
Il Turismo per l'Italia deve diventare strategico come la politica estera e gli interni e non può essere relegato ad un Dipartimento della Presidenza del Consiglio. La Spagna ha 60 milioni di turisti l'anno contro i nostri 40 milioni ! con molte meno risorse e potenzialità ma con una migliore comunicazione e cultura della accoglienza.
E così il sistema produttivo italia deve investire su ciò che ha contraddistinto in termini qualitativi il "made in Italy" e che non potrà mai subire la concorrenza cinese.
Tessile, moda, calzature, abbigliamento, arredamento, nautica, meccanica: settori in cui, malgrado la congiuntura manteniamo la leaderschip mondiale (fino a quando ?!).
In questi campi nel 2007 l'export italiano è aumentato dell' 8% e nei primi 5 mesi del 2008 vi è stato un ulteriore balzo al 16% (fonte: Il Sole 24 Ore). I prodotti di lusso dell'Italian style e quelli della tecnologia resistono bene alla crisi dei mercati internazionali.
L' impresa italia ha nella qualità la sua punta di diamante e crea produzioni inimitabili. Grazie anche a quel tasso di imprenditorialità piccola e media che rappresenta l'ossatura della Nazione e deve essere costante punto di riferimento del pdl. Il tasso di imprenditorialità in Italia è pari al 33%, la media europea è del 13% ! E' questa un'altra potenzialità che va messa a regime. Lo spirito di iniziativa e intraprendenza vanno non solo sollecitati ma anche considerati meritevoli di incentivi economici, magari una volta tanto a danno dei carrozzoni di Stato e della grande industria che produce solo cassa integrazione a spese degli Italiani.
LA SINTESI NECESSARIA PER LE SFIDE DEL FUTURO
La società attuale oltre ad essere la società della rigidità e del privilegio è anche la
società dei consumi, dei bisogni artificiali, superflui ma concepiti come necessari....
La globalizzazione è un fenomeno che non va avversato a priori, magari con logiche barricadere che inevitabilmente portano alla ghettizzazione e neanche sostenuto acriticamente con insensata gioia. Con la globalizzazione occorre confrontarsi e governarla. Stemperarne gli effetti di sradicamento, la sindrome di decontestualizzazione che produce, la finalità di unificazione in un contesto impalpabile senza appartenenza con un denominatore unico: il mercato mondiale.
Il ruolo del movimento deve in qualche modo tentare di influenzare quello del nuovo pdl, ove si confrontano, è inutile negarlo, tendenze e concezioni diverse se non diametralmente opposte: un istinto mondialista e meramente economico, propugnato dalla grande imprenditoria, uno libertario (pensiamo a Capezzone che interviene per conto di FI !) ed uno comunitario, etico, valoriale.
La sfide è tentare, ove possibile una sintesi, quantomeno tra una destra economica, manageriale ed una destra valoriale, tenendo da parte la fronda libertaria che rappresenta un rigurgito di radicali ed ex sessantottini, l'ala sinistra dello schieramento.
Coniugare il liberismo e laicismo, che occorra faccia rima con meritocrazia ed efficienza, con la sensibilità nazional tradizionale, famigliare e di ispirazione cattolica può essere la soluzione. Quella sensibilità che secondo Marcello Veneziani, è necessaria "per intercettare il sentire comune, per rispettare i centri storici, i beni culturali, artistici e naturali, la tradizione civile e religiosa del paese; servirà per dare un compito e una identità alla scuola, per avviare una politica della famiglia e per la sicurezza dei cittadini, per l'ordine e per far rinascere un sobrio amor patrio di cui ogni paese ha bisogno.... senza quel patrimonio culturale il berlusconismo rischia di ridursi ad una miscela di nichilismo e affarismo, pur temperati da guizzi di efficacia e sprazzi di buoni sentimenti.(M.V. in I valori della destra)."
L'Obiettivo è restituire un futuro all'Italia, come sta facendo in questi mesi con solerzia ed impegno il governo Berlusconi targato PdL. Il nostro compito sarà quello di costruire un percorso comune con tutti coloro con cui abbiamo incrociato e incroceremo la strada che porta a tale obiettivo. Nessuna rendita di posizione, pregiudizio o difesa di velleitario protagonismo individuale. Mettiamoci in gioco .... almeno proviamoci.

3 commenti:

CASTRUM NOVUM ET PYRGI ha detto...

Noi siamo uomini d’oggi.
Siamo soli.Non abbiamo più dei.Non abbiamo più idee.Non crediamo né a Gesù Cristo né a Marx.Bisogna che immediatamente,subito,in questo stesso attimo,costruiamo la torre della nostra disperazione e del nostro orgoglio.Con il sudore ed il sangue di tutte le classi dobbiamo costruire una patria come non si è mai vista;compatta come un blocco d’acciaio,come una calamita.Tutta la limatura d’Europa vi si aggregherà,per amore o per forza.E allora davanti al blocco della nostra Europa, l’Asia, l’America e l’Africa diventeranno polvere.
PIERRE DRIEU LA ROCHELLE
COMBATTENTE E POETA DELLA R.S.I.
FRANCESE, MORTO SUICIDA PER NON CADERE VIVO NELLE MANI DEL NEMICO.
....c'e' chi ha sacrificato la propria vita per non scendere a compromessi, per non far parte degli (uomini luna, EVOLA),per affermare il proprio credo, per non far parte della massa incolore.
QUANDO UN UOMO NON HA IL CORAGGIO DELLE PROPRIE IDEE, O NON VALGONO NULLA LE SUE IDEE O NON VALE NIENTE LUI ( EZRA POUND).
.....I CONTENITORI VUOTI PORTANO SOLO ALLA MASSIFICAZIONE DELLE IDEE E ALLO SQUALLORE DEL PERENNE GRIGIO,I NOSTRI PIANI SOCIALI CI PORTANO ALLA TERZA VIA, CONTRO IL CAPITALISMO E CONTRO LA DITTATURA DEL PROLETARIATO, PER L'AFFERMAZIONE DEL CORPORATIVISMO E DELLA SOCIALIZZAZIONE.PER LA VALORIZZAZIONE DELL'UOMO IN SENZO UMANISTICO, UNA ENTITA' SPIRITUALE AL CENTRO DELL'UNIVERSO, COTRO LA SOCIETA' DEI CONSUMI E CONTRO LA MASSIFICAZIONE STANDARDIZZATA DELL'INDIVIDUO.....CHI SIETE? COSA VOLETE? DOVE ANDATE?......IL MINESTRONE PIDIELLIANO VI INGOIERA'!!!!!PERO' UN NUOVO VALORE LO AVETE ACQUISITO, TRAGICO E NEFAST0, ... "IL VALORE DELL'ANTIFASCISMO"....

CASTRUM NOVUM ET PYRGI ha detto...

L’attuale dibattito sulla bioetica è quantomai adatto a riconsiderare il concetto di uomo. Troppi sedimenti devozionali, morali e filosofici si sono innestati sulla naturale complessità dell’essere umano. Che è un organismo vivente fatto di una fisiologia e di un apparato razionale-sensitivo. Troppi interessi dogmatici e ideologici che, col tempo, hanno contribuito a offuscare questa immagine di totalità funzionale. Fino alle derive degli ultimi decenni, intese a frantumare l’idea olistica di uomo in una serie di proclamazioni astratte e razionali, all’origine di innaturali dualismi. Tra queste, ad esempio, si può citare l’ambiguo “diritto alla vita”. A pensarci bene, un assurdo logico, simile al “diritto alla felicità” presente nella Costituzione americana. Un’astrazione. Esso ci appare, piuttosto, come un rovesciamento della tradizionale “volontà di vita”. In base a questa, è infatti il bios che regola i diritti e non viceversa. Distribuendo il bene e il male, la salute e la malattia, la sanità mentale e la demenza, è il bios a decidere i destini, molto prima che una qualsiasi attività terapeutica intervenga poi “di diritto”, a correggere il tipo di esistenza cui ognuno di noi è assegnato.
Eppure, nonostante le preclusioni del pensiero contemporaneo, favorevole a un indiscriminato assegnamento di valore alla vita – sia questa un dono o una condanna –, è di anni recenti il rinato interesse per un ripensamento del significato di persona: sacra unità di corpo e anima, alla maniera antica, oppure scissione tra uomo e cittadino, tra vita e diritto, tra corpo e cura, secondo le intellettualizzazioni progressiste e umanitariste? Già Michel Faucault nel secolo scorso aveva sondato i significati della genealogia. Filosofia e storia, diceva, non sono dialettica democratica, ma lotta e affermazione del tipo. Qualcosa che investe tutto l’uomo, compreso il suo corpo. Lo scontro e il conflitto, dunque, sono alla base della realtà ben più della proclamazione teorica dei diritti, innestata sull’apologia dell’inerme e sulla coltivazione del patologico.
Il potere, la società, tutta la vicenda umana come sintomo di valori ereditari: Faucault arrivò a parlare di una «funzione genealogica del racconto storico». Su questa scia, segnaliamo gli studi recenti di Roberto Esposito: Terza persona. Politica della vita e filosofia dell’impersonale e, di poco precedente, Bìos. Biopolitica e filosofia (entrambi pubblicati da Einaudi), in cui si ripercorrono i tentativi moderni di ricucire la scissione “illuminista” tra corpo e anima. L’uomo come organismo, insomma, di cui fa parte a medesimo titolo sia l’elemento fisiologico sia quello anìmico o spirituale. Il lato “animale” dell’uomo, lungi dall’essere demonizzabile come “inferiore” in virtù di evasioni trascendenti o razionaliste, ha visto nel pensiero moderno – dalla biopolitica di Hobbes sugli impulsi del corpo, al vitalismo di Schopenhauer e alla biocrazia di Comte – tutta una serie di rivendicazioni. Terza persona sarà dunque l’individuata unità di biologia e di ragione che un tempo, con l’organicismo antico, era data per scontata, e che invece – soprattutto in forza della scissione cristiana e poi umanitarista tra corpo e anima – ha finito col costruire personalismi impolitici e astratti. Nel secondo dei libri segnalati, Esposito ha indagato ancora più da vicino il rapporto tra vita e politica. Sia pure da inamidate posizioni “democratiche”, Esposito avvicina i due grandi momenti della vita e della politica: il corpo e la psiche sono a contatto continuo e necessario, sono lo scenario su cui si muove l’uomo. L’uomo conosce la vita attraverso il suo corpo e attraverso la vita altrui, nella dimensione dello scambio comunitario. Vivere socialmente, essere politici, significa impegnare il proprio corpo, metterlo in gioco. Comunque, nel ripercorrere la storia dei collegamenti tra uomo, politica e corpo vivente, inevitabilmente, ci si imbatte in Platone. Il suo pensiero è infatti uno dei cardini della logica biopolitica.
È noto come Platone si augurasse pratiche di educazione fisica, eugenetica e igiene sociale molto precise, al fine di ottimizzare la struttura psico-fisica di scelte minoranze atte al comando politico. La sua idea di Stato ideale prevedeva che si attuasse una selezione dei caratteri migliori, ma secondo procedimenti non classisti: in alto come in basso, lo Stato ha il dovere di individuare i tipi più nobili – secondo i caratteri fisici e morali – e di avviarli a un’educazione superiore, così da riservare agli ottimi il governo politico e la guida della comunità. Esposito cita le frasi platoniche in cui si raccomanda il matrimonio soltanto ai “migliori”, evitando il proliferare di unioni tra tipi inferiori. E non nasconde che «Platone si dimostra sensibile all’esigenza di conservare puro il ghènos dei guardiani e in genere dei governanti della polis secondo i rigidi costumi spartiati tramandatici da Crizia e Senofonte». In questo quadro, non si esita a operare confronti tra lo Stato razziale greco e quello che più di ogni altro, in epoca moderna, ha concepito la politica soprattutto come biopolitica, cioè il Terzo Reich. Lo scritto dell’antropologo Hans F. K. Günther Platone custode della vita, del 1928, viene preso ad esempio di come l’igiene sociale, l’eugenetica, la selezione razziale, l’educazione aristocratica e persino l’eutanasia non fossero perversioni dello scientismo moderno, per altro già in atto dalla fine dell’Ottocento in nazioni democratiche come gli Stati Uniti, ma avessero un illustre precedente proprio in una delle più alte vette del pensiero umano, appunto Platone. Esposito scrive che «quando Günther interpreta l’ekloghé platonica in termini di Auslese o di Zucht, cioè di “selezione”, in realtà non si può parlare di un vero e proprio tradimento del testo, ma piuttosto di una sua forzatura in senso biologistico in qualche modo autorizzata, o almeno consentita, dallo stesso Platone». La recente ristampa del testo di Günther da parte delle Edizioni di Ar – che segue la prima, risalente al 1977 – ci consente di vedere quanto poco forzata fosse l’interpretazione dello studioso tedesco, che in ogni suo punto rimane a diretto contatto col testo platonico.
Vediamo così scorrerci davanti tutta l’inquadratura dello Stato secondo giustizia, che assegna ad ognuno il suo ruolo e a tutti il rango dell’appartenenza alla medesima comunità. Secondo principi di bellezza e armonia esteriori, nobiltà d’animo, sanità fisica e morale. Se nelle Leggi Platone afferma che «i giovani sposi devono pensare a offrire allo Stato, per quanto è loro possibile, i figli più belli e migliori», questo si inserisce nella concezione che il corpo non è faccenda privata, ma bene pubblico: la comunità prospera se ognuno segue le leggi dell’eu-ghènos, della “buona razza”, affinata ereditariamente. Fino al punto di consigliare ai giovani di osservarsi nudi prima di scegliersi e di conoscere le famiglie di provenienza. Favorevole all’eutanasia per malati inguaribili e tarati ereditari («i criminali maggiori, incurabili ormai… e per colui che il legislatore riconosce inguaribile… per tutti costoro è meglio non continuare a vivere…», scrive nelle Leggi), Platone formula anche l’auspicio che la selezione dei caratteri diventi qualcosa di più di una politica, cioè un’arte di Stato: «bisogna che gli uomini migliori si uniscano alle donne migliori più spesso che possono e, al contrario, i peggiori con le peggiori; e si deve allevare la prole dei primi, non quella dei secondi…», si legge nella Repubblica. Tutto rientra infatti nel senso di ordine cosmico, di proporzione, di superiore armonia del tratto: è la kalokagathìa, la bellezza fusa con la bontà, due idee incarnate in un corpo. «Dove dunque a un nobile carattere dell’anima si uniscano analoghi e armonici caratteri nell’aspetto esteriore, partecipi dell’identico modello, là si avrà uno spettacolo assai bello per chi lo vorrà contemplare», afferma Platone l’idealista.
Nel suo breve libro, Günther non fa che riportare questi spunti del pensiero platonico, soltanto commentandoli e inserendoli in quella visione platonica che, più che volgare biologismo (ma perché poi la biologia dovrebbe essere volgare?), appare la manifestazione tangibile dell’Idea. E infatti Günther precisa che la protezione dei caratteri ereditari non è materialismo, tanto meno “zoologia”, ma idealismo realizzato: «Platone, da vero idealista, incoraggia una selezione regolata in maniera da propiziare il manifestarsi delle idee nelle leggi di natura». Su questa materia, Günther fu anticipato di decenni da molti altri. Ad esempio, da Nietzsche. Il concetto di Züchtung in Nietzsche ricorre spesso, e proprio nel senso di selezione razziale per minoranze destinate alla Führung, il comando. Come Platone, anche Nietzsche era favorevole all’eugenetica e all’eutanasia: «La grande politica… mette fine inesorabilmente a tutto quanto è degenerato e parassitario», sta scritto ad esempio nei Frammenti postumi. Ma quello di Nietzsche, come ha ricordato Domenico Losurdo, all’epoca non era un caso isolato, ma una cultura egemone. L’ideologia della selezione, tra Otto- e Novecento, era molto diffusa, tanto che, ad esempio, negli Stati Uniti la sterilizzazione degli incurabili era materia di legge, che rimase in vigore in molti casi – insieme all’apartheid – fino agli anni Sessanta del secolo scorso… Nulla di specificatamente “nazista”, insomma. Anzi, si direbbe che questo complesso di problemi affondi alle radici stesse della nostra cultura. Tanto che il grande classicista Werner Jaeger poté scrivere che «la selezione della razza… nelle teorie di Platone e di Aristotele si spogliò della limitatezza di casta, accompagnandosi all’esigenza dell’educazione statale della nazione intera». Un programma politico. Lo Stato greco non era l’amministratore di individui quali che fossero, ma il selezionatore del genio della stirpe, come diceva Nietzsche. E «il vero senso democratico di Platone – precisò Giorgio Colli – ha la sua giustificazione solo in quanto ha educato questi uomini superiori». L’educazione selettiva, l’ereditarietà, l’igiene della persona e dell’ambiente, la profilassi genetica, le qualità innate e quelle acquisite, nell’epoca del livellamento sembrano dunque fattori da non affidare all’emotività dei mutevoli pregiudizi, ma alla riflessione profonda circa le nostre origini e la qualità del destino che ci attende.

CASTRUM NOVUM ET PYRGI ha detto...

QUALCUNO HA DETTO...............
NON COMMETTEREMO GLI STESSI ERRORI.......
ABBIATE FEDE, STATE TRANQUILLI......
PROGETTI DEL CASTELLO PER IL TURISMO....
CHE LOCALE VOLETE.....
COSTITUITE L'ASSOCIAZIONE DEL CASTELLO...
FAREMO PULIZIA........
PROGRAMMATE MANIFESTAZIONI STORICHE, ARTISTICHE E CULTURALI.....
ECC..... ECC....
NOI RISPONDIAMO: MENSOGNE, OPPORTUNISMO,
QUALUNQUISMO, LOBBYSMO, FALSITA'... E CHI PIU' NE HA PIU' NE METTA.