sabato 24 gennaio 2009

Alleanza nazionale verso la PdL

IL MESSAGGERO.IT
di MARCO CONTI
ROMA - «Il 27 marzo non è ”la“ data. E’ ”una“data», continua a ripetere ai suoi il presidente della Camera Gianfranco Fini. Se per An il congresso costituente del Pdl può tranquillamente slittare o magari trasformarsi in una tappa intermedia per giungere prima ad una federazione e solo dopo ad una fusione, Berlusconi continua a pensare che il partito unico del centrodestra è nato già nelle urne. «Gli elettori lo hanno già votato e lo stanno facendo ancora», sosteneva nei giorni scorsi il premier riferendosi alle elezioni regionali sarde. Nessuna retromarcia e nessun ripensamento è quindi possibile, ma a via della Scrofa si attendono ancora quei segnali che facciano piazza pulita dei dubbi di chi parla di annessione. Il nodo resta sempre quello della ”pari dignità“. Ovvero, se Berlusconi sarà il presidente, a Fini dovrà toccare un ruolo da vice o da segretario del partito. Un ruolo appena sotto il Cavaliere, che magari rimarrà vacante sino a quando Fini resterà al vertice di Montecitorio. La trattativa sullo statuto ha fatto più di un passo del gambero, anche perché la bozza prodotta da An fissa una sorta di patto federativo. Denis Verdini, coordinatore azzurro, continua ad essere ottimista e dopo l’ennesimo incontro con La Russa, parla di «spirito costruttivo». L’intesa però non c’è ancora, come ammette il senatore azzurro Francesco Casoli, secondo il quale «è normale che nella coda di una trattativa restino gli argomenti più spinosi». Fatto sta che anche il congresso del Pdl entra nel lungo elenco di argomenti dove «ognuno tiene il punto», come sostiene l’azzurro Giorgio Straquadanio. Almeno sino alle elezioni Europee. Ormai anche Berlusconi si muove in prospettiva dell’appuntamento elettorale. Al punto da aver già commissionato una serie di focus-group sull’azione del governo. La soluzione del caso Alitalia non brilla in consensi, ma su altri argomenti - a cominciare dal lavoro fatto su scuola, pubblico impiego e rifiuti napoletani - le risposte sono positive. Il calo nelle percentuali del Pdl, ufficializzato una settimana fa dallo stesso premier, ha però fatto scattare il campanello d’allarme, accentuato dalla preoccupazione che il previsto calo dei votanti colpisca più a destra che a sinistra. Il timore di una vittoria sul Pd ma in discesa rispetto al bottino delle ultime politiche, ha convinto il premier della necessità di riprendere, attraverso gli usuali ambasciatori Letta e Bettini, la trattativa con Veltroni sulla legge elettorale. Se prima il Cavaliere sosteneva con Letta che lo sbarramento al 4% fosse un «regalo» a Veltroni, da qualche tempo si è mostrato possibilista. «E’ ovvio - spiega un consigliere del premier - con il 4% togliamo ogni velleità a tutti i partitini presenti nella Pdl che pensavano di andare da soli, compresa la destra di Storace. Fini che viaggia con An intorno al 7%, dovrà adeguarsi, e coloro che nel Pd immaginano di tornare all’Ulivo e ad un’alleanza a sinistra, come Renato Soru, saranno costretti a fare altrettanto».

martedì 13 gennaio 2009

On Giorgia Meloni

Giorgia Meloni sulla strumentalizzazione messa in atto sulla diatriba fascismo - antifascismo

Carissimi,


credo che a nessuno di voi sia sfuggito il tentativo di strumentalizzazione messo in atto sulla antica diatriba fascismo-antifascismo ai danni di Azione giovani, anche perqualche nostra ingenuità.Ero convinta che il comportamento dimigliaia di ragazzi nell’incontro con il presidente Fini ad Atreju avesse rivelato alla politica e al mondo dell’informazione qualcosa di più del nostro modo di essere e di pensare. Così non è stato. Così non si è voluto che fosse.Ritengo dunque opportuno intervenire, anche per non essere ingiustamente attaccati in nome di cose né dette né pensate.Non cadete nel tranello. Siamo stati e restiamo gente che crede nella libertà, nella democrazia, nell’uguaglianza e nella giustizia.Siamo quelli che ogni giorno consumano i migliori anni della propria gioventù per difendere questi valori, al punto che se oggi qualcuno si mettesse in testa di reprimerli – come avviene in Cina, a Cuba o inaltre parti del mondo – noi li difenderemmo con la vita. Sono i valori sui quali si fonda la nostra Costituzione e che sono propri anche di chi ha combattuto il fascismo.Certo, c'è stato anche un antifascismo "militante" in nome del quale sono stati uccisi presunti fascisti e anche antifascisti, sono stati infoibati vecchi, donne e bambini, sono stati eliminati ragazzi di sedici anni che avevano come unica colpa quella di far parte della nostra organizzazione. Certo, ancora oggi, in nome dell’antifascismo"militante" ad alcuni di noi viene impedito di andare a scuola,all’università, al cinema.Si tratta della mia obiezione ed è la stessa di Gianfranco Fini che, ad Atreju, ha operato questa distinzione, parlando di un antifascismodemocratico e uno non democratico, ovvero di una parte di questo fenomeno nei cui valori ci riconosciamo e di un'altra parte le cui gesta sono distanti anni luce dai principi nei quali crediamo (e nei quali dovrebbe credere anche l'altro antifascismo). Noi rifiutiamo ogniforma di violenza, oppressione e intolleranza.Gianfranco Fini ha operato questa distinzione senza soffermarcisi perché voleva che il suo giudizio sul fascismo fosse chiaro, netto,definitivo. Sapeva che molti di noi sarebbero stati feriti da questo atteggiamento, ma non ha voluto blandirci come fossimo ragazzini inconsapevoli. Sapeva di avere davanti gente piena di dignità, giovanee matura nello stesso tempo. Ed è quello che siamo.E allora guai a offrire pretesti a una sinistra terrorizzata dall'impossibilità di utilizzare ancora contro di noi quella carta jolly rappresentata dall'accusa di fascismo. Guai a farci mettere ancorasotto accusa da chi, per storia, ha decisamente poche lezioni daoffrire. Così da poter essere finalmente noi a chiedere conto del perché, ancora oggi, non una parola di solidarietà venga spesa dai sedicenti democratici quando i ragazzi di Ag vengono aggrediti o le loro sedi date alle fiamme.E adesso, per favore, basta.Basta con questa storia del fascismo e dell’antifascismo. Mi rivolgo a tutti, dentro e fuori da Azione Giovani, dentro e fuori da An, dal Pdl,da Montecitorio, dalla politica italiana intera. Pietà! Siamo nati aridosso degli anni ’80 e ’90, siamo tutti protesi anima, cuore e testa nel nuovo millennio. Dobbiamo respingere insieme questo tentativo dirinchiudere quella meravigliosa gioventù che svolgeva poche ore fa la più grande manifestazione giovanile d’Italia in uno spazio angusto di quasi cento anni or sono. Ragazzi, stiamo vincendo e questo non va giù a una sinistra sempre più priva di risposte concrete e suggestioni efficaci. Che ha completamente perso il contatto con la nostragenerazione e ora cerca di costringerci all’interno di una galeracivile per evitare che il nostro amore possa continuare a contagiare altri giovani italiani.Non ne posso più di parlare di fascismo e antifascismo, e non intendofarlo ancora. Voglio fare altro, occuparmi di questo presente e di questo futuro. Come ognuno di voi, voglio fare politica nell’Italia di oggi, per dare una speranza all’Italia di domani.Tutto il resto è noia.

Giorgia Meloni

Lettera pubblicata nella homepage del sito di Azione Giovani il 17 settembre 2008

lunedì 12 gennaio 2009

ACCA LARENTIA

ACCA LARENTIA 31 ANNI FA LA STRAGE.

Odio,potere,morte noi siamo qui.

Avete perso.

"Ti considerano diverso perchè sanno di non poter amare come te"Stefano Recchioni

Franco,Francesco, Stefano, Di Padre In Figlio La Comunità
ACCA LARENTIA: MEMORIA E SFIDA
(di Gianni Alemanno)- Trentuno anni: un periodo lunghissimo che percorre una parte importante della storia d’Italia e che ci ricollega a fatti remoti, che sono ancora sostanza bruciante nei nostri cuori e nei nostri cervelli.Stiamo parlando dell’anniversario della strage di Acca Larenzia che, appunto trentuno anni fa, insanguinò Roma con la morte di tre giovani militanti del Msi e del Fronte della Gioventù: Francesco Ciavatta e Franco Bigonzetti per mano comunista e Stefano Recchioni per mano di un ufficiale delle forze dell’ordine. Quella strage fu un vero spartiacque nella storia tragica degli anni di piombo che va ricordato bene agli storici “ufficiali”, troppo inclini a fare confusione su quell’epoca. E’ vero che negli anni ’70 e ’80 ci fu una guerra civile strisciante, che non fu soltanto terrorismo ma violenza diffusa, tale da coinvolgere decine di migliaia di giovani di destra e di sinistra in una vera e propria guerra civile strisciante, che lasciò sul campo tante vittime da una parte e dall’altra. Però questa è una verità incompleta: bisogna anche aggiungere che fino al 7 gennaio 1978 l’aggressione fu quasi esclusivamente da una parte sola. Dopo le contestazioni sessantottine, dopo i successi dell’Msi nei primi anni ’70 e a seguito dell’inizio della strategia della tensione stragista, per un lungo periodo si ammazzava a senso unico. Tanti episodi orribili, a cominciare dal rogo dei fratelli Mattei, servirono a dare concretezza all’orribile slogan “uccidere un fascista non è reato” e a fare da battesimo del fuoco per chi voleva essere ammesso nelle file delle organizzazioni terroristiche vere e proprie.Su quel periodo c’è uno spesso velo che nasconde verità su cui anche la sinistra ufficiale non ha ancora fatto i conti fino in fondo, per comprendere la genesi della lotta armata. Fu l’antifascismo militante ad essere il vero incubatore del terrorismo di sinistra e, per reazione, di destra. Il tutto nell’assoluta indifferenza, nell’ignavia, dell’Italia democristiana e dei poteri forti dell’informazione, che si accorsero dell’esistenza della violenza comunista solo dopo il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, cinque mesi dopo la strage di Acca Larenzia.Ecco perché reclamare giustizia e verità per questi ragazzi non ha solo un enorme valore umano e spirituale: ha una grande importanza dal punto di vista politico e culturale per sradicare fino in fondo tutte le dinamiche dell’odio che ancora esistono all’interno della nostra comunità nazionale. La pacificazione nazionale, il superamento degli odi ideologici del passato, affondano le loro radici in un grande processo di comprensione della verità storica, nella memoria di fatti e responsabilità che non possono essere dimenticati. Fino a quando in Italia non si farà chiarezza sulla strategia della tensione stragista e sul ruolo tragico dell’antifascismo militante, non ci potrà mai essere una vera e profonda ricomposizione nazionale. Ma c’è un altro monito che ci viene da Acca Larentia. Che valore ha oggi il sacrificio di quei ragazzi e di tutti coloro che sono morti facendo politica a destra in quegli anni? Ne dobbiamo parlare come vittime sacrificate in una battaglia cieca e senza speranza, oppure sono ancora oggi un esempio e un valore di eroismo da additare alle giovani generazioni? E’ evidente che noi crediamo nella seconda ipotesi perché – ancora oggi e forse più di ieri – diamo valore alla militanza, alla Politica come atto di amore nei confronti di un popolo e di dedizione in valori da incarnare nella realtà sociale.Nella crisi della politica che stiamo vivendo in questi mesi molte sono le ricette che vengono proposte dai diversi commentatori. In genere sono ricette che portano ad un “ridimensionamento” della politica, intesa semplicemente come buona amministrazione, come procedura tecnica per prendere decisioni. Noi, invece, crediamo che la strada sia esattamente opposta: la politica si salva se va verso l’alto, se torna ad essere passione, spiritualità applicata al sociale, milizia e spirito di servizio.Di tutto questo i nostri giovani degli anni ’70 sono stati esempio fino al più alto sacrificio. Non sono vittime, sono persone che sono state uccise perchè facevano politica, sapendo di rischiare e accettando consapevolmente questo rischio. Per tutti gli anni ’70 e ’80 chi alzava la serranda di una sezione dell’Msi, chi distribuiva un volantino, chi attaccava un manifesto, sapeva perfettamente i rischi che correva e ne era fiero. Ecco perché, per noi, questi ragazzi sono degli eroi e non delle vittime.Questa è la sfida che abbiamo di fronte: saper conciliare la passione per la politica, il senso spirituale della militanza, con il rispetto per chi la pensa diversamente, rifiutando ogni tentazione di trasformare la passione in odio. Senza mai consentire che l’ipocrisia nasconda la verità e la giustizia su cui si deve fondare la pacificazione nazionale e senza mai dimenticare che l’avversario politico è un altro italiano che sta cercando, su strade diverse, di impegnarsi per il nostro stesso popolo.Se riusciremo in questa grande sfida di rigenerare la militanza politica senza furore fazioso, allora saremo veramente degni del sacrificio di chi ci ha preceduto.Gianni Alemanno