lunedì 30 marzo 2009

La Lega chiede conto al Cavaliere


IL MESSAGGERO.IT
La Lega chiede conto al Cavaliere, faccia a faccia col Senatur
di Marco Conti





ROMA (30 marzo) - Alla fine della tre giorni la "logica del predellino" ha avuto la meglio. Silvio Berlusconi ha glissato su molte delle questioni sollevate dai leader del partito-socio e ha indossato i panni del messia che tutto contiene e indica la rotta senza proccuparsi molto dei contenuti del nuovo partito. Non una parola sul testamento biologico, non una sul referendum elettorale, non una sul rapporto con la Lega, alleato egoista che «spesso ne approfitta», come ha sostenuto dal palco Ignazio La Russa. Archiviata la rivoluzione liberale della scorsa legislatura per un neo statalismo, anche all'attuale crisi economica il premier ha riservato poche battute, mentre più esplicito è stato sulle riforme costituzionali e dei regolamenti. In questo caso i destinatari del messaggio sono stati due: Gianfranco Fini e Giorgio Napolitano. Al presidente della Camera e al Capo dello Stato, Berlusconi ha spiegato che intende mettere mano alle riforme. Che proverà a coinvolgere l'opposizione senza però credere troppo alla reale volontà di Pd e Udc, e che comunque andrà avanti perchè la crisi economica impone un premier con più poteri. La strada sembra già tracciata e anche questa volta l'appello al popolo segnala l'imminente svolta. Ogni qual volta il Cavaliere ha voluto ribadire la legittimità del suo ruolo minacciato da toghe, palazzo o alleati, è salito su di un predellino appellandosi direttamente al popolo. Così è stato anche ieri e così promette di fare qualora non si arrivi in questa legislatura a riforme che a suo giudizio devono mettere l'esecutivo in condizione di funzionare. Sembra un paradosso per un leader che può contare su una maggioranza parlamentare di oltre cento parlamentari e su una dialettica di coalizione praticamente azzerata grazie anche alla nascita del Pdl. Eppure il ritornello del premier che non può far nulla e che è dotato del solo strumento della moral suasion, sembra far breccia nelle convinzioni dell'elettorato. Nel quadro strategico del Cavaliere, emerso dall'ultimo congresso, c'è un unico tassello ancora non andato ancora completamento a posto: il rapporto con la Lega. All'alleato, trattato di recente dal premier con inusuale asprezza, non sono sfuggite le bordate congressuali. Bossi ha tenuto i suoi appellandosi alla necessità che ha ogni partito, in occasione del congresso, di tracciare e marcare la propria identità. Questa sera nel salotto di Arcore, i due avranno però modo di chiarire alcuni passaggi importanti. A cominciare dalla data del referendum elettorale. Un appuntamento che Bossi vede come il fumo negli occhi, perchè lo sbocco bipartitico che imporrebbe il modello referendario obbligherebbe anche il Carroccio nel contenitore-Pdl. La proposizione di un modello statalista e il conseguente abbandono del modello liberale della legislatura 2001-2006, rischia infatti di avere qualche ripercussione sui tempi di attuazione della riforma federalista.

sabato 14 marzo 2009

congresso Pdl

14/3/2009 (8:5) La Stampa
L'incognita Fini sul congresso Pdl

Forza Italia teme smarcamenti del leader di An. E dopo le ultime uscitedi dissenso infuria la polemica in rete
UGO MAGRI
ROMA
Il Guastafeste. Ovvero, Gianfranco Fini: l’unico in grado di imprimere una piega imprevedibile ai due eventi storici del centrodestra, l’ultimo congresso di An e il primo del Pdl. Nel quartier generale berlusconiano non ci si attende alcunché di buono. Definirlo «allarme rosso» è forse eccessivo, vista la storia del personaggio. Meglio definirlo un incubo, Fini che ruba la scena al premier con qualche uscita «di sinistra», polarizza l’attenzione e manda in briciole l’immagine del nuovo partito adorante... Inutile cercare conferme tra virgolette. Nessuno tra i consiglieri del Cavaliere sarebbe così sprovveduto da ripetere, nei confronti di Fini, gli epiteti comparsi nel «blog» ufficiale di Forza Italia (il più carino è «voltagabbana»). Ma la preoccupazione si palpa. Opinione raccolta nel giro che conta: «C’è da scommettere su due discorsi da Bastian Contrario. D’altra parte Gianfranco è andato da Vespa, l’altra sera, proprio per marcare i dissensi con Berlusconi, e c’è riuscito». Altra voce, pure questa dai vertici del Pdl: «Piazzerà qualche bomba, cominciando dal congresso di An. Però deve stare attento che non gli esploda in mano. Perché nemmeno lui può permettersi di contestare i nostri valori fondanti». Siamo sul chi vive. Circolano voci, rigorosamente false, di uno scontro furioso al telefono tra Berlusconi e Fini. Di autentico c’è lo strascico della vicenda «pianisti», la tensione per il voto con le impronte digitali che di fatto azzera il premio di maggioranza e rende ogni votazione una lotteria... Fini parlerà domenica 22 e sabato 28. La prima volta, a coronamento del congresso di An; la seconda, durante le assise Pdl. Toglierà l’«abito istituzionale», ha anticipato, per dire pane al pane. Berlusconi non è chiaro se si farà vivo al commiato di Alleanza nazionale, l’entourage sta discutendo i pro e i contro. Di certo il Cavaliere sarà l’alfa e l’omega della kermesse Pdl, relazione iniziale e replica finale. Presenza decorativa di tanti giovanotti, sfilata dalla tribuna di vecchie glorie, coreografia non ancora decisa perché tutto è molto in ritardo, Berlusconi vuole curare personalmente i dettagli ma non ha ancora trovato il tempo. Preoccupatissimi gli organizzatori perché i due congressi si svolgono nello stesso padiglione della Fiera di Roma. Cosicché ci saranno pochi giorni per smontare la scenografia del congresso di An, con il ponte simbolico tra passato e futuro, e assemblare il palcoscenico del Cavaliere. L’Inno del Pdl non è pronto, basterà quello di Mameli. Quanto al marchio, sarà identico al simbolo elettorale ma senza la scritta «Berlusconi presidente». Partito con le regole o senza, come teme Fini? Tra pochi giorni si alzerà il sipario sullo Statuto. Qualche anticipazione filtra dal comitato apposito riunitosi ieri con Corsaro, Quagliariello, Fontana, Martinelli e Capezzone. In cima alla piramide il Presidente, eletto dal congresso per alzata di mano. Sotto di lui, tre coordinatori: La Russa, Verdini e Bondi. Quindi un Ufficio di presidenza dove i notabili già fanno a botte per entrare. Membri di diritto i capigruppo e i coordinatori. Gli altri venti membri saranno divisi secondo la solita proporzione, 14 di Forza Italia e 6 di An. Per non creare troppi scontenti, Berlusconi darà la precedenza ai ministri. Sotto l’esecutivo una folta Direzione da 80 persone, un pletorico Consiglio nazionale e una massa di iscritti virtuali, che non prenderanno la tessera ma verranno registrati, come in America. Anticipa Quagliariello: «Sarà un partito del leader con un forte ruolo degli eletti, ma aperto a forme di partecipazione nuove e canali al passo coi tempi, cominciando da Internet». Si guarda avanti, ma si lotta sulle poltrone. Pietose bugie per nascondere le liti. Versione di An: i coordinatori regionali verranno scelti prima del congresso e comunicati dopo. Versione di Forza Italia: i coordinatori saranno scelti prima, è vero, ma l’ultima parola sarà di Berlusconi. Che potrà fare e disfare.