ACCA LARENTIA 30 ANNI FA LA STARGE.
Odio,potere,morte noi siamo qui.
Avete perso.
"Ti considerano diverso perchè sanno di non poter amare come te"
Stefano Recchioni
Franco
Francesco
Stefano
Di Padre In Figlio
La Comunità
ACCA LARENTIA: MEMORIA E SFIDA
(di Gianni Alemanno)- Trenta anni: un periodo lunghissimo che percorre una parte importante della storia d’Italia e che ci ricollega a fatti remoti, che sono ancora sostanza bruciante nei nostri cuori e nei nostri cervelli.Stiamo parlando dell’anniversario della strage di Acca Larenzia che, appunto trenta anni fa, insanguinò Roma con la morte di tre giovani militanti del Msi e del Fronte della Gioventù: Francesco Ciavatta e Franco Bigonzetti per mano comunista e Stefano Recchioni per mano di un ufficiale delle forze dell’ordine. Quella strage fu un vero spartiacque nella storia tragica degli anni di piombo che va ricordato bene agli storici “ufficiali”, troppo inclini a fare confusione su quell’epoca. E’ vero che negli anni ’70 e ’80 ci fu una guerra civile strisciante, che non fu soltanto terrorismo ma violenza diffusa, tale da coinvolgere decine di migliaia di giovani di destra e di sinistra in una vera e propria guerra civile strisciante, che lasciò sul campo tante vittime da una parte e dall’altra. Però questa è una verità incompleta: bisogna anche aggiungere che fino al 7 gennaio 1978 l’aggressione fu quasi esclusivamente da una parte sola. Dopo le contestazioni sessantottine, dopo i successi dell’Msi nei primi anni ’70 e a seguito dell’inizio della strategia della tensione stragista, per un lungo periodo si ammazzava a senso unico. Tanti episodi orribili, a cominciare dal rogo dei fratelli Mattei, servirono a dare concretezza all’orribile slogan “uccidere un fascista non è reato” e a fare da battesimo del fuoco per chi voleva essere ammesso nelle file delle organizzazioni terroristiche vere e proprie.Su quel periodo c’è uno spesso velo che nasconde verità su cui anche la sinistra ufficiale non ha ancora fatto i conti fino in fondo, per comprendere la genesi della lotta armata. Fu l’antifascismo militante ad essere il vero incubatore del terrorismo di sinistra e, per reazione, di destra. Il tutto nell’assoluta indifferenza, nell’ignavia, dell’Italia democristiana e dei poteri forti dell’informazione, che si accorsero dell’esistenza della violenza comunista solo dopo il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, cinque mesi dopo la strage di Acca Larenzia.Ecco perché reclamare giustizia e verità per questi ragazzi non ha solo un enorme valore umano e spirituale: ha una grande importanza dal punto di vista politico e culturale per sradicare fino in fondo tutte le dinamiche dell’odio che ancora esistono all’interno della nostra comunità nazionale. La pacificazione nazionale, il superamento degli odi ideologici del passato, affondano le loro radici in un grande processo di comprensione della verità storica, nella memoria di fatti e responsabilità che non possono essere dimenticati. Fino a quando in Italia non si farà chiarezza sulla strategia della tensione stragista e sul ruolo tragico dell’antifascismo militante, non ci potrà mai essere una vera e profonda ricomposizione nazionale. Ma c’è un altro monito che ci viene da Acca Larentia. Che valore ha oggi il sacrificio di quei ragazzi e di tutti coloro che sono morti facendo politica a destra in quegli anni? Ne dobbiamo parlare come vittime sacrificate in una battaglia cieca e senza speranza, oppure sono ancora oggi un esempio e un valore di eroismo da additare alle giovani generazioni? E’ evidente che noi crediamo nella seconda ipotesi perché – ancora oggi e forse più di ieri – diamo valore alla militanza, alla Politica come atto di amore nei confronti di un popolo e di dedizione in valori da incarnare nella realtà sociale.Nella crisi della politica che stiamo vivendo in questi mesi molte sono le ricette che vengono proposte dai diversi commentatori. In genere sono ricette che portano ad un “ridimensionamento” della politica, intesa semplicemente come buona amministrazione, come procedura tecnica per prendere decisioni. Noi, invece, crediamo che la strada sia esattamente opposta: la politica si salva se va verso l’alto, se torna ad essere passione, spiritualità applicata al sociale, milizia e spirito di servizio.Di tutto questo i nostri giovani degli anni ’70 sono stati esempio fino al più alto sacrificio. Non sono vittime, sono persone che sono state uccise perchè facevano politica, sapendo di rischiare e accettando consapevolmente questo rischio. Per tutti gli anni ’70 e ’80 chi alzava la serranda di una sezione dell’Msi, chi distribuiva un volantino, chi attaccava un manifesto, sapeva perfettamente i rischi che correva e ne era fiero. Ecco perché, per noi, questi ragazzi sono degli eroi e non delle vittime.Questa è la sfida che abbiamo di fronte: saper conciliare la passione per la politica, il senso spirituale della militanza, con il rispetto per chi la pensa diversamente, rifiutando ogni tentazione di trasformare la passione in odio. Senza mai consentire che l’ipocrisia nasconda la verità e la giustizia su cui si deve fondare la pacificazione nazionale e senza mai dimenticare che l’avversario politico è un altro italiano che sta cercando, su strade diverse, di impegnarsi per il nostro stesso popolo.Se riusciremo in questa grande sfida di rigenerare la militanza politica senza furore fazioso, allora saremo veramente degni del sacrificio di chi ci ha preceduto.
Odio,potere,morte noi siamo qui.
Avete perso.
"Ti considerano diverso perchè sanno di non poter amare come te"
Stefano Recchioni
Franco
Francesco
Stefano
Di Padre In Figlio
La Comunità
ACCA LARENTIA: MEMORIA E SFIDA
(di Gianni Alemanno)- Trenta anni: un periodo lunghissimo che percorre una parte importante della storia d’Italia e che ci ricollega a fatti remoti, che sono ancora sostanza bruciante nei nostri cuori e nei nostri cervelli.Stiamo parlando dell’anniversario della strage di Acca Larenzia che, appunto trenta anni fa, insanguinò Roma con la morte di tre giovani militanti del Msi e del Fronte della Gioventù: Francesco Ciavatta e Franco Bigonzetti per mano comunista e Stefano Recchioni per mano di un ufficiale delle forze dell’ordine. Quella strage fu un vero spartiacque nella storia tragica degli anni di piombo che va ricordato bene agli storici “ufficiali”, troppo inclini a fare confusione su quell’epoca. E’ vero che negli anni ’70 e ’80 ci fu una guerra civile strisciante, che non fu soltanto terrorismo ma violenza diffusa, tale da coinvolgere decine di migliaia di giovani di destra e di sinistra in una vera e propria guerra civile strisciante, che lasciò sul campo tante vittime da una parte e dall’altra. Però questa è una verità incompleta: bisogna anche aggiungere che fino al 7 gennaio 1978 l’aggressione fu quasi esclusivamente da una parte sola. Dopo le contestazioni sessantottine, dopo i successi dell’Msi nei primi anni ’70 e a seguito dell’inizio della strategia della tensione stragista, per un lungo periodo si ammazzava a senso unico. Tanti episodi orribili, a cominciare dal rogo dei fratelli Mattei, servirono a dare concretezza all’orribile slogan “uccidere un fascista non è reato” e a fare da battesimo del fuoco per chi voleva essere ammesso nelle file delle organizzazioni terroristiche vere e proprie.Su quel periodo c’è uno spesso velo che nasconde verità su cui anche la sinistra ufficiale non ha ancora fatto i conti fino in fondo, per comprendere la genesi della lotta armata. Fu l’antifascismo militante ad essere il vero incubatore del terrorismo di sinistra e, per reazione, di destra. Il tutto nell’assoluta indifferenza, nell’ignavia, dell’Italia democristiana e dei poteri forti dell’informazione, che si accorsero dell’esistenza della violenza comunista solo dopo il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, cinque mesi dopo la strage di Acca Larenzia.Ecco perché reclamare giustizia e verità per questi ragazzi non ha solo un enorme valore umano e spirituale: ha una grande importanza dal punto di vista politico e culturale per sradicare fino in fondo tutte le dinamiche dell’odio che ancora esistono all’interno della nostra comunità nazionale. La pacificazione nazionale, il superamento degli odi ideologici del passato, affondano le loro radici in un grande processo di comprensione della verità storica, nella memoria di fatti e responsabilità che non possono essere dimenticati. Fino a quando in Italia non si farà chiarezza sulla strategia della tensione stragista e sul ruolo tragico dell’antifascismo militante, non ci potrà mai essere una vera e profonda ricomposizione nazionale. Ma c’è un altro monito che ci viene da Acca Larentia. Che valore ha oggi il sacrificio di quei ragazzi e di tutti coloro che sono morti facendo politica a destra in quegli anni? Ne dobbiamo parlare come vittime sacrificate in una battaglia cieca e senza speranza, oppure sono ancora oggi un esempio e un valore di eroismo da additare alle giovani generazioni? E’ evidente che noi crediamo nella seconda ipotesi perché – ancora oggi e forse più di ieri – diamo valore alla militanza, alla Politica come atto di amore nei confronti di un popolo e di dedizione in valori da incarnare nella realtà sociale.Nella crisi della politica che stiamo vivendo in questi mesi molte sono le ricette che vengono proposte dai diversi commentatori. In genere sono ricette che portano ad un “ridimensionamento” della politica, intesa semplicemente come buona amministrazione, come procedura tecnica per prendere decisioni. Noi, invece, crediamo che la strada sia esattamente opposta: la politica si salva se va verso l’alto, se torna ad essere passione, spiritualità applicata al sociale, milizia e spirito di servizio.Di tutto questo i nostri giovani degli anni ’70 sono stati esempio fino al più alto sacrificio. Non sono vittime, sono persone che sono state uccise perchè facevano politica, sapendo di rischiare e accettando consapevolmente questo rischio. Per tutti gli anni ’70 e ’80 chi alzava la serranda di una sezione dell’Msi, chi distribuiva un volantino, chi attaccava un manifesto, sapeva perfettamente i rischi che correva e ne era fiero. Ecco perché, per noi, questi ragazzi sono degli eroi e non delle vittime.Questa è la sfida che abbiamo di fronte: saper conciliare la passione per la politica, il senso spirituale della militanza, con il rispetto per chi la pensa diversamente, rifiutando ogni tentazione di trasformare la passione in odio. Senza mai consentire che l’ipocrisia nasconda la verità e la giustizia su cui si deve fondare la pacificazione nazionale e senza mai dimenticare che l’avversario politico è un altro italiano che sta cercando, su strade diverse, di impegnarsi per il nostro stesso popolo.Se riusciremo in questa grande sfida di rigenerare la militanza politica senza furore fazioso, allora saremo veramente degni del sacrificio di chi ci ha preceduto.
Gianni Alemanno